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La Corte di Giustizia europea ha condannato l’Italia per non aver correttamente attuato la Direttiva 2002/91/UE sul rendimento energetico nell’edilizia. Ecco il testo della sentenza:

Sentenza della Corte di Giustizia Europea C-345/12 del 13 giugno 2013
«Inadempimento di uno Stato – Direttiva 2002/91/CE – Rendimento energetico nell’edilizia – Articoli 7, paragrafi 1 e 2, 9, 10 e 15, paragrafo 1 – Recepimento scorretto – Mancato recepimento entro il termine previsto – Direttiva 2010/31/UE – Articolo 29».

Nella causa C‑345/12, avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto il 19 luglio 2012, Commissione europea, rappresentata da E. Montaguti e K. Herrmann, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo, ricorrente, contro Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da A. De Stefano, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo, convenuta, LA CORTE (Decima Sezione), composta da A. Rosas, presidente di sezione, D. Šváby e C. Vajda (relatore), giudici, avvocato generale: J. Kokott cancelliere: A. Calot Escobar vista la fase scritta del procedimento, vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni, ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Con il proprio ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana:
– non avendo adottato tutti i provvedimenti necessari per attuare la direttiva 2002/91/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, sul rendimento energetico nell’edilizia (GU 2003, L 1, pag. 65), e
– avendo omesso di notificare alla Commissione le misure di recepimento dell’articolo 9 della direttiva 2002/91,
– è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 7, paragrafi 1 e 2, e 10 di detta direttiva, nonché 15, paragrafo 1, di quest’ultima, letti in combinato disposto con l’articolo 29 della direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia (GU L 153, pag. 13).

Ambito normativo

Il diritto dell’Unione
2 L’articolo 7 della direttiva 2002/91, intitolato «Attestato di certificazione energetica», prevede quanto segue:

«1. Gli Stati membri provvedono a che, in fase di costruzione, compravendita o locazione di un edificio, l’attestato di certificazione energetica sia messo a disposizione del proprietario o che questi lo metta a disposizione del futuro acquirente o locatario, a seconda dei casi. La validità dell’attestato è di dieci anni al massimo.

La certificazione per gli appartamenti di un condominio può fondarsi:

– su una certificazione comune dell’intero edificio per i condomini dotati di un impianto termico comune ovvero;

– sulla valutazione di un altro appartamento rappresentativo dello stesso condominio.

Gli Stati membri possono escludere le categorie di cui all’articolo 4, paragrafo 3, dall’applicazione del presente paragrafo.

2. L’attestato di certificazione energetica degli edifici comprende dati di riferimento, quali i valori vigenti a norma di legge e i valori riferimento, che consentano ai consumatori di valutare e raffrontare il rendimento energetico dell’edificio. L’attestato è corredato di raccomandazioni per il miglioramento del rendimento energetico in termini di costi-benefici.

L’obiettivo degli attestati di certificazione è limitato alla fornitura di informazioni e qualsiasi effetto di tali attestati in termini di procedimenti giudiziari o di altra natura sono decisi conformemente alle norme nazionali.

3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire che negli edifici la cui metratura utile totale supera i 1 000 m² occupati da autorità pubbliche e da enti che forniscono servizi pubblici a un ampio numero di persone e sono pertanto frequentati spesso da tali persone sia affisso in luogo chiaramente visibile per il pubblico un attestato di certificazione energetica risalente a non più di dieci anni prima.

Per i suddetti edifici può essere chiaramente esposta la gamma delle temperature raccomandate e reali per gli ambienti interni ed eventualmente le altre grandezze meteorologiche pertinenti».

3 L’articolo 9 della direttiva 2002/91, intitolato «Ispezione dei sistemi di condizionamento d’aria», così dispone:

«Al fine di ridurre il consumo energetico e le emissioni di biossido di carbonio, gli Stati membri stabiliscono le misure necessarie affinché i sistemi di condizionamento d’aria la cui potenza nominale utile è superiore a 12 kW vengano periodicamente ispezionati.

L’ispezione comprende una valutazione dell’efficienza dell’impianto di condizionamento d’aria e del suo dimensionamento rispetto al fabbisogno di rinfrescamento dell’edificio. Viene data alle utenze un’opportuna consulenza in merito ai possibili miglioramenti o alla sostituzione del sistema di condizionamento ovvero a soluzioni alternative».

4 L’articolo 10 di tale direttiva, intitolato «Esperti indipendenti», enuncia quanto segue:

«Gli Stati membri si assicurano che la certificazione degli edifici e l’elaborazione delle raccomandazioni che la corredano nonché l’ispezione delle caldaie e dei sistemi di condizionamento d’aria vengano effettuate in maniera indipendente da esperti qualificati e/o riconosciuti, qualora operino come imprenditori individuali o impiegati di enti pubblici o di organismi privati».

5 L’articolo 15 di detta direttiva, intitolato «Recepimento», è così formulato:

«1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 4 gennaio 2006. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

2. In caso di mancata disponibilità di esperti qualificati e/o riconosciuti, gli Stati membri dispongono di un ulteriore periodo di tre anni per applicare integralmente gli articoli 7, 8 e 9. Se si avvalgono di tale possibilità, essi ne danno comunicazione alla Commissione, fornendo le appropriate motivazioni, insieme ad un calendario per l’ulteriore attuazione della presente direttiva».

6 Durante la fase precontenziosa, la direttiva 2002/91, in un primo tempo, è stata modificata, negli articoli 3, 13 e 14, dal regolamento (CE) n. 1137/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, che adegua alla decisione 1999/468/CE del Consiglio determinati atti soggetti alla procedura di cui all’articolo 251 [CE], per quanto riguarda la procedura di regolamentazione con controllo – Adeguamento alla procedura di regolamentazione con controllo – Prima parte (GU L 311, pag. 1).

7 La direttiva 2002/91, in un secondo tempo, è stata abrogata dalla direttiva 2010/31, i cui considerando 1, 34 e 35 sono così formulati:

«(1) La direttiva 2002/91 (…) è stata modificata (…). Essa deve essere nuovamente sottoposta a modifiche sostanziali ed è quindi opportuno provvedere, per motivi di chiarezza, alla sua rifusione.

(…)

(34) L’obbligo di recepire la presente direttiva nel diritto nazionale dovrebbe essere limitato alle disposizioni che costituiscono modificazioni sostanziali della direttiva 2002/91(…). L’obbligo di recepire le disposizioni immutate deriva da tale direttiva.

(35) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione della direttiva 2002/91(…)».

8 L’articolo 29 della direttiva 2010/31, intitolato «Abrogazione», dispone quanto segue:

«La direttiva 2002/91(…), modificata dal regolamento indicato nell’allegato IV, parte A, è abrogata con effetto dal 1° febbraio 2012, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione della direttiva di cui all’allegato IV, parte B.

I riferimenti alla direttiva 2002/91(…) si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato V».

9 L’allegato IV della direttiva 2010/31, nella parte B, intitolata «Termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione (di cui all’articolo 29)», prevede la data del 4 gennaio 2006 per il recepimento della direttiva 2002/91 e quella del 4 gennaio 2009 per l’applicazione degli articoli da 7 a 9 di tale direttiva.

La normativa italiana

10 Riguardo alle misure di recepimento della direttiva 2002/91, la Repubblica italiana ha adottato, segnatamente, il decreto legislativo n. 192, recante attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia, del 19 agosto 2005 (supplemento ordinario n. 158 alla GURI del 23 settembre 2005; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 192/2005»), nonché il decreto ministeriale «Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici», del 26 giugno 2009 (GURI n. 158 del 10 luglio 2009, pag. 8).

11 L’articolo 6, comma 2 ter, del decreto legislativo n. 192/2005 dispone quanto segue:

«2. ter. Nei contratti di compravendita o di locazione di edifici o di singole unità immobiliari è inserita apposita clausola con la quale l’acquirente o il conduttore danno atto di aver ricevuto le informazioni e la documentazione in ordine alla certificazione energetica degli edifici. Nel caso di locazione, la disposizione si applica solo agli edifici e alle unità immobiliari già dotate di attestato di certificazione energetica ai sensi dei commi 1, 1 bis, 1 ter e 1 quater [dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 192/2005]».

12 Il paragrafo 9 delle Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici di cui all’allegato A di detto decreto ministeriale del 26 giugno 2009 (in prosieguo: le «Linee guida nazionali») così stabilisce:

«9. Autodichiarazione del proprietario

Per gli edifici di superficie utile inferiore o uguale a 1000 m2 e ai soli fini di cui al comma 1 bis, dell’articolo 6, del decreto legislativo [n. 192/2005], mantenendo la garanzia di una corretta informazione dell’acquirente, il proprietario dell’edificio, consapevole della scadente qualità energetica dell’immobile, può scegliere di ottemperare agli obblighi di legge attraverso una sua dichiarazione in cui afferma che:

– l’edificio è di classe energetica G;

– i costi per la gestione energetica dell’edificio sono molto alti.

Entro quindici giorni dalla data del rilascio di detta dichiarazione, il proprietario ne trasmette copia alla Regione o Provincia autonoma competente per territorio».

Procedimento precontenzioso

13 Dopo aver esaminato la conformità della normativa italiana con la direttiva 2002/91, il 18 ottobre 2006 la Commissione ha inviato alla Repubblica italiana una lettera di diffida per omessa comunicazione delle misure di recepimento della direttiva 2002/91 nell’ordinamento giuridico italiano. In considerazione delle informazioni progressivamente trasmesse da tale Stato membro, detta lettera di diffida è stata seguita da una lettera di diffida complementare, datata 14 maggio 2009, con la quale la Commissione ha invitato la Repubblica italiana a presentarle le proprie osservazioni sul recepimento degli articoli 7 e 9 della direttiva 2002/91, nonché da una seconda lettera complementare di diffida, del 24 giugno 2010, nella quale essa denunciava un recepimento scorretto degli articoli 7, paragrafi 1 e 2, e 10, di tale direttiva e concedeva alla Repubblica italiana un termine di due mesi per presentare le proprie osservazioni.

14 Non avendo ricevuto alcuna risposta alla sua lettera del 24 giugno 2010 entro il termine impartito, il 24 novembre 2010 la Commissione ha adottato un parere motivato, che ha notificato alla Repubblica italiana il 25 novembre 2010. In tale parere, la Commissione denunciava un recepimento scorretto degli articoli 7, paragrafi 1 e 2, e 10 della direttiva 2002/91 e ricordava l’assenza di una qualsiasi misura di recepimento dell’articolo 9 della medesima direttiva. La Commissione concedeva alla Repubblica italiana un termine di due mesi per conformarsi a detto parere motivato a decorrere dalla sua notifica.

15 Il 29 settembre 2011, a seguito dell’introduzione di talune modifiche legislative trasmesse dalla Repubblica italiana, la Commissione ha inviato a quest’ultima un parere motivato complementare, notificato il 30 settembre 2011, denunciando il recepimento scorretto dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2002/91, ribadendo il suo accertamento della violazione degli articoli 7, paragrafi 1 e 2, e 10 di tale direttiva e fissando un termine di due mesi dalla notifica di detto parere affinché la Repubblica italiana vi si conformasse. Quest’ultima ha risposto al parere motivato complementare con lettera del 2 gennaio 2012. Il 26 aprile 2012, non ritenendo soddisfacente la risposta fornita al parere motivato complementare, la Commissione ha deciso di investire la Corte del presente ricorso per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE.

Sul ricorso

16 In via preliminare, va rilevato che l’articolo 29 della direttiva 2010/31, suffragato, al riguardo, dal considerando 34 della medesima, dispone che l’adozione di tale direttiva, che ha proceduto alla rifusione della direttiva 2002/91, fa salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento e di applicazione della direttiva 2002/91.

17 A norma dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/91, la Repubblica italiana era tenuta a mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a tale direttiva entro e non oltre il 4 gennaio 2006 e ad informarne immediatamente la Commissione.

Argomenti delle parti

18 In primo luogo, la Commissione fa valere che la Repubblica italiana non ha recepito correttamente nel proprio ordinamento interno l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2002/91 entro il termine impartito all’articolo 15 di quest’ultima.

19 A parere della Commissione, l’articolo 6, comma 2 ter, seconda frase, del decreto legislativo n. 192/2005 consente di dedurre che la normativa italiana non prevede alcun obbligo di inserire una clausola contrattuale, nella quale il conduttore dichiari di aver ricevuto un attestato relativo al rendimento energetico nel caso in cui quest’ultimo non sia stato ancora rilasciato per l’edificio dato in locazione al momento della firma del contratto di locazione.

20 La Commissione ritiene che tale deroga all’obbligo di consegnare un attestato relativo al rendimento energetico, in caso di locazione di un immobile ancora privo di un attestato siffatto al momento della firma del contratto, non costituisca un recepimento corretto dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2002/91, in quanto tale disposizione non prevede una deroga simile.

21 Inoltre, secondo la Commissione, il sistema di autodichiarazione da parte del proprietario, contemplato al paragrafo 9 delle Linee guida nazionali, non è conforme all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2002/91, poiché esso introduce un’eccezione all’obbligo di comunicare un attestato relativo al rendimento energetico per gli edifici aventi un rendimento energetico assai basso, e in quanto detta autodichiarazione non permette al consumatore di raffrontare e di valutare appieno il rendimento energetico dell’edificio interessato, dato che le informazioni si limitano alla classe energetica più bassa e ai costi alquanto elevati.

22 La Commissione aggiunge che detto sistema di autodichiarazione non è conforme all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2002/91, che prevede l’obbligo di fornire raccomandazioni al nuovo acquirente o al conduttore per il miglioramento del rendimento energetico in termini di costi-benefici. A parere della Commissione, tali raccomandazioni costituiscono un elemento fondamentale per la realizzazione dell’obiettivo di detta direttiva, consistente nel miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici.

23 In secondo luogo, la Commissione ritiene che la Repubblica italiana non abbia recepito correttamente nel proprio ordinamento interno l’articolo 10 della direttiva 2002/91 entro il termine impartito all’articolo 15 della medesima. Secondo la Commissione, il sistema di autodichiarazione da parte del proprietario dell’edificio, previsto al paragrafo 9 delle Linee guida nazionali, non è infatti conforme all’obbligo contemplato da detto articolo 10, in base al quale la certificazione energetica degli edifici e l’elaborazione delle raccomandazioni che la corredano devono essere effettuate da esperti qualificati o riconosciuti e indipendenti.

24 In terzo luogo, la Commissione fa valere che la Repubblica italiana non ha recepito nel proprio ordinamento interno l’articolo 9 della direttiva 2002/91 entro il termine impartito all’articolo 15 della medesima. Al riguardo, essa sostiene che la Repubblica italiana ha omesso di notificarle le misure di recepimento di detto articolo 9.

25 Nel suo controricorso, la Repubblica italiana non contesta di non aver adottato entro il termine prescritto i provvedimenti necessari per garantire un recepimento corretto degli articoli 7, paragrafi 1 e 2, 9 nonché 10 della direttiva 2002/91.

Giudizio della Corte

26 Anzitutto, è giocoforza constatare che la Repubblica italiana, avendo introdotto una deroga all’obbligo di consegnare un attestato relativo al rendimento energetico, in caso di locazione di un immobile ancora privo di un attestato siffatto al momento della firma del contratto, non ha recepito correttamente l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2002/91, poiché quest’ultimo non prevede una deroga simile.

27 Inoltre, avendo introdotto un sistema di autodichiarazione da parte del proprietario per gli edifici aventi un rendimento energetico assai basso, la Repubblica italiana non ha recepito correttamente l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2002/91, dato che queste disposizioni non contemplano una tale deroga agli obblighi di consegnare un attestato energetico e di fornire raccomandazioni al nuovo acquirente o al conduttore, nonché l’articolo 10 della stessa direttiva, in quanto tale disposizione non prevede una siffatta deroga all’obbligo di affidare la certificazione energetica degli edifici e l’elaborazione delle raccomandazioni che la corredano ad esperti qualificati o riconosciuti e indipendenti.

28 Infine, è pacifico che, alla scadenza del termine impartito nel parere motivato complementare, la Repubblica italiana non aveva adottato i provvedimenti necessari per assicurare il recepimento dell’articolo 9 della direttiva 2002/91 nel suo ordinamento giuridico interno.

29 Ciò premesso, il ricorso proposto dalla Commissione deve ritenersi fondato.

30 Di conseguenza, si deve accogliere il ricorso della Commissione e dichiarare che la Repubblica italiana:

– non avendo previsto l’obbligo di consegnare un attestato relativo al rendimento energetico in caso di vendita o di locazione di un immobile, conformemente agli articoli 7 e 10 della direttiva 2002/91, e

– avendo omesso di notificare alla Commissione le misure di recepimento dell’articolo 9 della direttiva 2002/91,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 7, paragrafi 1 e 2, e 10 di detta direttiva, nonché 15, paragrafo 1, della medesima, letti in combinato disposto con l’articolo 29 della direttiva 2010/31.

Sulle spese

31 Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara e statuisce:

1) La Repubblica italiana, non avendo previsto l’obbligo di consegnare un attestato relativo al rendimento energetico in caso di vendita o di locazione di un immobile, conformemente agli articoli 7 e 10 della direttiva 2002/91/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, sul rendimento energetico nell’edilizia, e avendo omesso di notificare alla Commissione europea le misure di recepimento dell’articolo 9 della direttiva 2002/91, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 7, paragrafi 1 e 2, e 10 di detta direttiva, nonché 15, paragrafo 1, della medesima, letti in combinato disposto con l’articolo 29 della direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia.

2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.